Villa della Staffa, 29 settembre 1801


Ausonio carissimo,


sapete come vanno queste cose, perdonatemi se ho tardato qualche giorno a rispondervi. Del resto, come avrete modo di capire, gli ultimi giorni sono stati quanto mai densi di accadimenti. Seduto in quel caffè io non pensavo a te, così voi potreste credere.
Ma così non è, ve lo garantisca la mia parola di gentiluomo e di nobile lituano. Ma ora bando alle ciance e permettetemi di introdurre, sia pur per sommi capi, gli avvenimenti degli ultimi giorni. La vita a Villa della Staffa è, come potete immaginare, piuttosto ripetitiva, data la collocazione della magione, praticamente nel bel mezzo del contado bresciano. Questo non è affatto un male, almeno per me, che amo la quiete. Devo poi ammettere che anche gli altri membri della lieta comitiva trovano assai di loro gusto la residenza. Chi per un motivo, chi per l'altro, s'intende... Ma proprio di costoro vi volevo parlare. Qualche giorno fa ci siamo recati tutti in città, ognuno mosso dal proprio interesse: io avevo in mente di scartabellare tra i libri usati di un rigattiere che tiene bottega tra gli ombrosi vicoli del centro. E' costui un ebreo di estrema erudizione, e a dispetto delle apparenze dimesse, quel negozio può ben dirsi a tutti gli effetti una libreria, un autentico tabernacolo di sapienza. Vedeste che quantità di antichi grimori e incunaboli giacciono sul legno polveroso e tarlato di quelle librerie immerse nell'oscurità... Il buon Siffredo, autentico beniamino delle gran dame della nobiltà cittadina, si infila negli ingressi posteriori (notate la finezza delle mie allusioni) delle ricche case in cui lo attendono avvenenti matrone mollemente sdraiate su divani tappezzati con costosi damaschi. Il conte, bontà sua, dà al mondo dimostrazione di liberalità e tolleranza mescolandosi coi peggio arnesi dei bassifondi nelle bettole dove si vende a buon mercato una bevanda che chiamar vino mi parrebbe bestemmia. Ma lui non pare curarsene e, come un autentico stoico della Roma antica, si sdraia sulle rozze panche di legno grezzo riempiendosi gli abiti di schegge, dando esempio di uno letteralmente di-vino. Il BBB, invece, tenta di convincere i luminari della medicina dei suoi metodi, riscuotendo non pochi successi. Sta ora lanciando la moda delle parrucche creole. Vedeste che roba! Si tratta di bizzarri copricapi coi capelli raccolti in trecce stoppose che gli adepti del BBB si mettono in testa per riconoscersi tra di loro, come una specie di confraternita. E che occhi grandi che hanno!

In ogni caso, ci trovavamo in città e dovevamo incontrarci due ore prima del calar del sole per ritornare al borgo, io e il La Rocca già eravamo nel luogo d'incontro, quando un uomo arrivò di corsa da una viuzza laterale, inseguito da una masnada di popolani dall'aria inferocita. Istintivamente il Siffredo, anima buona, si interpose e impugnò il suo scudiscio con aria minacciosa. Il volgo non pareva eccessivamente intimorito dal La Rocca per la frusta, quanto piuttosto da un'altra sua prerogativa... I suoi pantaloni attillati infatti, di pregevole fattura, lasciavano intendere una sua estrazione sociale elevata, e i gendarmi non sono mai teneri con chi vada a turbare l'ordine tra gli strati sociali. Nel caso comunque l'argomento nei pantaloni del Siffredo non fosse stato sufficiente, dovetti estrarre la mia pistola. Senza puntarla contro di loro, mi misi a baloccarmi con essa, facendo loro capire che non avrei esitato ad usarla in caso di necessità. Di fronte a tutti questi argomenti la piccola folla di facinorosi si disperse, e la loro vittima si avvicinò ringraziandoci in un italiano piuttosto smozzicato. Una volta che tutti gli altri furono giunti all'appuntamento, tornammo a Bagnolo, portando con noi il poveretto, dato che senza dubbio qualche malintenzionato era ancora appiattato nell'ombra attendendo di poter riprendere lo sporco lavoro lasciato a metà poc'anzi. Sulla via del ritorno, dopo aver ringraziato sperticatamente il conte che, con una magnanimità pari solo alla sua sete, si era fatto carico di un'altra bocca da sfamare, iniziò a raccontarci la sua storia, che poi terminò a casa, davanti a un buon bicchiere di vino. Il suo nome è Michael O'Riordan, ed è originario dell'isola d'Irlanda, come voi ben sapete possedimento della corona inglese. La sua storia ci ha quasi strappato le lacrime, vi dirò. Il buon Michael era il figlio di un piccolo possidente locale, non particolarmente ricco ma senz'altro senza nessuna manchevolezza economica. Viveva nel suo villaggio conducendo un'esistenza tranquilla, refrattario alle cospirazioni dei suoi compatrioti per scrollarsi di dosso la dominazione straniera. Questo fino al giorno in cui accadde una tragedia. Dovete sapere, caro Ausonio, che Michael era innamorato di una brava e virtuosa ragazza del luogo, tale Flowerella Sheboresme. Ce la descrisse come una donna dalla pelle diafana e dalla chioma rossa come la fiamma del camino che riscalda le ossa nelle fredde notti invernali. La brava donna dunque, lavorava duramente per mantenere la vecchia madre vedova e i numerosi fratelli. La sua unica passione era il canto, ed ella cantava come un usignolo a sentire l'O' Riordan. Anzi, fu proprio la di lei voce a farlo innamorare! Cantava spesso canzoni tradizionali sul cielo dell'isola. Un giorno, però, un soldato inglese, ravvisando in quelle parole un'ode all'indipendenza irlandese ebbe la bella pensata di tirarle una schioppettata che la lasciò senza vita sul selciato. Nessuno dei sedicenti indipendentisti cospiratori mosse un dito. Michael, però, accecato dall'odio e dalla disperazione, tagliò la gola del gradasso d'Albione ma dovette poi fuggire. Rocambolescamente raggiunse un porto dove si imbarcò sulla prima nave che trovò. Caso volle che la nave facesse rotta per Genova. Privo di documenti, ora il nostro amico non era più braccato dagli inglesi, ma restava un fuorilegge. Senza una sola parola di italiano in bocca, riuscì ad apprendere qualcosa spostandosi di città in città e vivendo come un randagio, fino al giorno del suo arrivo a Brescia. Qui la nostra storia giunge ai giorni nostri. Michael, affamato, si avvicinò a chiedere un tozzo di pane presso una chiesa. Lì un prete, non comprendendo le parole del nostro amico, chiamò a raccolta gli oziosi e i perdigiorno dei dintorni tacciando il povero irlandese come untore e causa di chissà quali disgrazie per la cristianità tutta. Un vero invito a nozze per dei malfattori, per giunta autorizzati dall'autorità religiosa a infierire su un pover'uomo in difficoltà. In verità l'O' Riordan ha condotto alcuni studi di chimica presso il Trinity College di Dublino, e sono ben convinto che amereste molto una conversazione con lui. Avreste senz'altro molto in comune. E' altresì un esperto di esplosivi, e vorrebbe mettere le sue conoscenze a disposizione della Repubblica Francese, non fosse altro per avere la possibilità di spedire all'inferno qualche inglese.
Ebbene, ora sapete gli ultimi avvenimenti.
Ma le novità non finiscono qui! Mi avete accennato nella vostra ultima missiva a quel mite francescano, e alle disavventure del Tagliamano che hanno strappato risate a profusione qui nel salone, regalando un poco di letizia anche al povero Michael...
Ebbene, quando si dice che i casi della vita sono ben strani, talvolta. Si dà il caso che il Boggioni sia originario di un cascinale poco distante da qui, a mezza strada per un altro piccolo paesello. Ebbene, tenetevi forte, bene aggrappato alla vostra sedia, caro Ausonio: grazie ai pettegolezzi di paese raccolti (manco a dirlo) dall'efficientissimo servizio informazioni del Siffredo, abbiamo scoperto che – meraviglia delle meraviglie – il Marino ha un fratello gemello! Certo, anche voi vi domanderete come noi da quale ventre possano mai essere stati partoriti due simili pezzi di marcantonio, ma la parte interessante ha ancor da venire: dunque, questo gemello pare essere l'immagine speculare del buon frate. Oh, non fraintendetemi, non alludo certo alla stazza, che deve essere per lo meno pari!

Intendo dire che costui (battezzato col nome di Mariolino) ha sempre avuto il bernoccolo per l'avventura, e raggiunti i dodici anni fuggì di casa. Vi lascio immaginare le lacrime materne e le paterne bestemmie. Qualcuno addirittura azzarda che il Marino prese i voti per riparare ai peccati del fratello, che tanto dolore aveva causato alla famiglia. Passarono gli anni e ormai tutti lo davano per morto, quando un bel giorno arrivò una lettera da non so quale isola dirimpetto alla costa occidentale africana. Figurarsi lo stupore dei contadini destinatari della missiva! Trattavasi di una lettera del nostro piccolo avventuriero, nel frattempo cresciuto. Allegata alla lettera vi era una lettera di cambio per ritirare un bel gruzzoletto presso una banca cittadina. In parole povere, Mariolino Boggio si era imbarcato come mozzo su un brigantino nel Granducato di Toscana. Passato di nave in nave era diventato una specie di pirata corsaro e si faceva chiamare Boogie Marinor. Non per questo, tuttavia aveva dimenticato le sue radici, e aveva pensato ai suoi vecchi genitori mandando loro di che sostentarsi per il resto dei loro giorni. Vi lascio immaginare le lacrime paterne (per la gioia) e le bestemmie materne (per il pensiero del marito perennemente all'osteria). Si dice che ora il Boogie guardi il tramonto da sopra la polena della sua nave, la “Mazzo Tanto”, sempre alla ricerca di nuove avventure. Chissà che un giorno non passi da queste parti? Alcuni dicono che si sia convertito a un'altra confessione cristiana, diventando un copto. Oh, se lo potessimo incontrare, chissà che avventure emozionanti potrebbe narrarci!

Credo di aver scritto anche troppo, probabilmente tediandovi.

Abbiate buona cura di voi, caro Ausonio,

e scrivete presto!

Un caro saluto a voi e ai vostri gentili amici da me e dalla lieta compagnia qui con me



vostro

Vytis Rakauskas