Roma 3 Agosto 1801

Caro Vytis

Grandi cose devo descriverti dacchè ci siamo letti l’ultima volta. Parto il mio racconto descrivendoti  come si svolgono le attività nella Città Eterna in compagnia del Marchese Valentino.

Devi sapere che, grazie ai suoi possedimenti nel Frusinate, riesce a distribuire biada in tutta la zona meridionale dell'Urbe; infatti con questa attività egli è riuscito a vincere un appalto vaticano di approvvigionamento alle stalle papali attraverso la sua neonata creatura imprenditoriale dal nome di "Papale Biade". E' pieno di inventiva questo mio caro amico, nonostante ciò, qualche sua idea mi risulta un po' bislacca! Pensa che sta cercando di accaparrarsi degli stabili in prossimità delle fontane pubbliche per offrire un servizio a pagamento di strigliatura veloce del cavallo o pulizia della vettura... Che matto, che si inventerà poi? Di distribuire documenti che attestino la fedeltà del malcapitato cocchiere?
Grazie all’andirivieni degli eserciti francesi il Marchese ha potuto rimpinguare le sue casse ed ora che l'attività procede senza intoppi si può dedicare con più serenità alla vita sociale, che qui a Roma non conosce soste.
Devi sapere che pochi giorni fa quell'ambizioso Generale Francese che ha sconquassato l'Italia pochi anni orsono si è riunito in pompa magna per trattar col Papa. Pare che le proprietà ecclesiastiche d'Oltralpe siano finite nelle mani del neo governo francese, che al momento, è retto per la maggior parte da loschi figuri, arrivisti, speculatori e gente inetta.
Ora qui a Roma vige un clima di paura e, per evitare un'altra repubblica Romana, da un mese stanno tenendo gli alti ufficiali del Generale Francese un gabinetto per evitare un strappo più profondo quale ora si è formato. Purtroppo i soggiorni nei salotti sono spesso infidi ed infatti da questi sorgono i maggiori ostacoli per il marchese: un assistente del Camerlengo ha avuto da ridire sulle qualità delle biade fornite adducendo scuse di carattere più burocratico che operativo. In realtà tale assistente, Don Mariano Valli, punta ai rifornimenti provenienti dal Sacro Romano Impero, in modo da potersi assicurare un contatto con i vescovi protestanti nella speranza di rinverdire gli interessi papali in quelle terre soggette a scisma ed arginare il pericolo francese.
Pochi giorni orsono, il primo di Agosto, per festeggiare l'avvenuta concordia tra il Pontefice romano e il Generale Bonaparte fui invitato insieme al Marchese Valentino a partecipare ad una serata presso i palazzi del Camerlengo. Tutti bevevano e si congratulavano, insomma  la concordia regnava nella sala. 
Presso uno dei divani Don Valli stava commemorando una serie di iniziative economiche tediando gran parte dei commensali.  
Noi in realtà eravamo ben vigili ed ora saprai perché. 
Immagino che ricorderai per bene la lettera che trafugai a Napoli dal Cardinale De Biberia. Non sono molto ferrato sulle lingue morte e quindi mi feci aiutare da un collaboratore del Marchese per venirne a capo.
Le tribolazioni di tre teste portarono a qualche risultato. In effetti il testo venne redatto in Greco antico e racconta una favola di Esopo. Ovviamente non era questa il messaggio nascosto: notammo che alcuni di questi caratteri erano seguiti da un punto e li trascrivemmo a parte e ottenendo una frase in latino il cui significato era all’incirca questo: "Al tramonto del primo giorno del mese del leone alla chiesa del Gesù avrai la tua ricompensa".
Nonostante avrai già provveduto a risolvere per conto tuo l'enigma ti invio il crittogramma.
Ecco l'arcano risolto, ecco come la S.I.A.E. comunica con i suoi messi presenti in tutta la cristianità. Un testo divulgativo e semplice da leggere come quello che ti spedii poche settimane or sono fa da scrigno ad una ben più profonda verità fatta di ordini e disposizioni pronta da essere eseguite in qualsiasi luogo la S.I.A.E. disponga.
Ecco perchè abbandonammo il ricevimento organizzato il primo di agosto, il mese del solleone, e ci dirigemmo con la veloce vettura del Marchese Valentino presso la chiesa del Gesù. Eravamo più che convinti che proprio quel giorno sarebbe stato foriero di novità per noi e per il Card. De Biberia.
Giungemmo a sole già calato, ma ancora si respirava il calore del giorno. Il marchese ordinò al cocchiere di attendere il nostro arrivo entro un paio d'ore dopo di che egli avrebbe dovuto mandare a cercarci.
Una brezza leggera sembrava darci il buon augurio quando io, il Marchese e il Tagliamano, tenuto ben legato, camminammo fino al portone intarsiato della chiesa. La luce soffusa proveniente dall'esterno filtrava tra le vetrate quanto bastava per illuminare il percorso verso l'altare.
Caro Vytis, la nostra vicenda iniziava ad ammantarsi di mistero e cercherò di farti rivivere quello a cui ho assistito attraverso la mia penna. Una piccola scala ci guidava verso la cripta da cui risplendeva una luce flebile. Scendemmo, ma più di un brivido scorse tra le mie scapole, nonostante utilizzassimo il Tagliamano come esca contro eventuali trabocchetti. La nostra discesa non passò inosservata; quei maledetti corrotti avevano messo di guardia un energumeno dai pochi capelli giallastri. Avendo costretto a scendere per primo il Tagliamano fu di conseguenza il primo a far la conoscenza con le nerborute mani del guardiano. Io e il Marchese,sentendo i sonori schiaffoni che finivano sulla testa e sulle spalle del malcapitato, ci catapultammo di sotto e avemmo ben presto ragione del di quel grosso omone che legammo ed imbavagliammo al suolo.
La cripta era un luogo angusto, a pianta circolare, ma da un lato di esso un'apertura si affacciava su un lungo corridoio. Tale apertura era inoltre uno sfiato per le muffe e i miasmi che si respiravano là dentro; devi sapere che nelle pareti sono state scavate delle nicchie in cui, si dice, venissero sepolti i primi cristiani quando riuscivano a scampare le fauci dei leoni.



Vytis, quello era un passaggio per le catacombe! Non ne avevo mai visti di simili, nonostante Napoli sorga su un complesso groviglio di gallerie. Eppure la vista di quei corpi, ormai più vicini alla polvere che all'umanità, che giacevano ordinati ai nostri lati mi lasciavano indosso una pessima sensazione. Non fu difficile seguire il suono delle voci in quel silenzio sepolcrale. Camminammo pochi passi e subito si parò dinnanzi a noi un bivio a "T", voltammo a destra, e con il Tagliamano come scudo, ci appostammo alla fine del camminamento, nascosti alla loro vista e con gli orecchi ben tesi.
Per assicurarci la collaborazione del Tagliamano, che avevamo in precedenza provveduto a legare con le mani dietro le schiena ed imbavagliare per bene, gli portai un coltello alla gola e lo premetti.
Come già sapevamo il cardinale de Biberia era presente nella sala ricavata nella roccia ed insieme a lui era presente Ludovico Cristi. L'interlocutore del De Biberia ci lasciò senza parole: Don Valli, che prima avevamo lasciato al ricevimento a tediare gli invitati, ora era là e si stagliava, complici le torce, più maligno che mai.
Non riuscivamo a crede ai nostri occhi! Che stregoneria era mai quella! Com'era possibile che quella figura smunta ed emaciata si fosse catapultata ad una sì folle velocità nelle catacombe sotto la chiesa del Gesù per quell'incontro clandestino? Purtroppo non era quello il momento adatto per l'indagine e così ascoltammo il bofonchiare del De Biberia mentre cercava di scusarsi per non aver con sè la lettera di adunata. Ah se avesse saputo dove fosse! molto più  vicina di quel che pensava. Alle scuse del porporato fecero eco le grida del Valli, che infuriato per l'accaduto, si mostrò generoso di sonori colpi al viso del De Biberia, inferti con un guanto bianco. Mentre trattenevo con una mano la corda e con l'altra premevo la lama contro la gola del Tagliamano per non permettergli fiati traditori ascoltavo la paternale che il Valli, in preda a vaticini ieratici, stava proclamando al De Biberia e al Cristi.
In gran parte i concetti erano simili a quelli che il De Biberia mi rivelò nella Capitale, ma qui assumevano tinte decisamente più fosche che aprivano a prospettive a dir poco inquietanti. Non voglio lasciarti sulle spine caro amico: in breve il progetto del Valli prevedeva di offrire un'alleanza a Bonaparte per sovvertire lo stato politico presente in Francia ed utilizzare le sue abilità militari per portare gli eserciti della croce, prima in tutta Italia, per poi ricostruire la gloria di Roma sotto il governo degli uomini della Chiesa. Che ambizione senza freni! Sentii inoltre la conclusione del sermone che spronava il De Biberia a farsi campo libero di tutti gli oppositori, che aveva fatto un buon lavoro, consigliando al mio Re di dedicarsi alla caccia invece che alla politica e che spiacevoli incidenti dovuti a signorotti locali dovevano assolutamente terminare.
Non ti nascondo che mi sentii chiamato in causa in quest'ultima esortazione. Mai mi ero sentito un ostacolo di progetti di siffatta importanza. Quando li vedemmo abbracciarsi decidemmo che quello era il momento per abbandonare il rendez-vous e ripercorremmo a ritroso la catacomba per terminare nella cripta della chiesa. Scavalcammo la guardia e senza curarci troppo del trambusto chiudemmo la grande porta della chiesa per darci un po' di vantaggio.
Gettammo il Tagliamano urlante nel vano posteriore e corremmo a perdifiato (non noi, ma i cavalli beninteso!) verso la dimora di campagna del Marchese. Secondo il suo consiglio sarebbe stato opportuno non farsi notare tra i personaggi di Roma al momento.
E così eccomi qui presso la villa del marchese poco fuori Roma, mentre il Tagliamano, chiuso nelle cantine continua a ricordarmi, con urla da forsennato, il potere del De Biberia.
Temo Vytis, e non so che fare, spero nel conforto delle tua parole.

Vostro Massimo Ausonio