Bagnolo, 28 giugno 1801

Ausonio carissimo,


con qual piacere vedo giungere al galoppo il corriere delle poste, sapendo che reca con sé una Vostra missiva. Beh, anzitutto lasciate che Vi dica che questo contado bresciano si è rivelato essere un luogo assai ameno, se non si pensa ad una fastidiosissima umidità che ti penetra nelle ossa nelle scure nottate d'autunno. Ma ora non è cosa di cui preoccuparsi, dato che ancora le messi son da raccogliere, e le brume sono ancora ben oltre l'orizzonte!
Apprendo con piacere che le bordate della spingarda del Tagliamano non Vi hanno arrecato danno alcuno, ma del resto non avevo dubbi. E permettetemi di aggiungere che le mie certezze erano riposte assai più nella discutibile mira del nostro fuciliere che non nella Vostra abilità nello schivar pallottole che, per quanto non mi permetta di mettere in dubbio, ha trovato certo un grande aiuto nelle qualità balistiche del Vostro aggressore. Tornando a me, mi trovo qui, in questo piccolo borgo, ospite di un caro amico, il conte Raffaello della Staffa. E' costui un individuo un poco bizzarro, così come bizzarre sono le circostanze che hanno portato al nostro incontro. Come Voi ben sapete, raggiunta la maggiore età il mio compianto padre, granduca Mindaugas Rakauskas, che Dio l'abbia in gloria, provvide affinché la mia educazione venisse completata dal grand tour dell'Europa. FigurateVi cosa fu per me, nobiluccio della periferia dell'Impero Russo, discendente di una famiglia lituana nobile da ben più generazioni dei nostri attuali oppressori Romanov, conoscere lo splendore delle grandi capitali del continente. Mentre mi trovavo a transitare per queste plaghe, diretto a Roma, la mia carrozza venne aggredita da una vile masnada nei pressi di una locanda, vicino ad un ponte. Oh, mi par ieri. Temevo di essere spacciato, non avendo con me la mia lama e le mie pistole, imprudentemente riposte nel baule posteriore, quando la porta della locanda si aprì e una figura alta e scavata si fece avanti. Non avrei mai potuto immaginare che quella sagoma apparteneva ad un uomo di nobili natali che non solo mi salvò da quei grassatori facendo assaggiare il suolo a più d'uno, e mandandone almeno una coppia al camposanto, ma che mi ospitò poi nella sua casa per rifocillarmi. L'ospitalità fu eccellente. Certo, non trovai molto cibo, ma una cantina così fornita credo non la si possa trovare in tutto l'Impero d'Austria! Così, come dicevo, il buon conte della Staffa ha adottato come arma di lotta un oggetto alquanto desueto: trattasi infatti di un fiasco, o per meglio dire di un oggetto in tutto e per tutto simile a un fiasco, di quelli nei quali voi italiani mettete il vino di Chianti. Ma, anziché essere fatto di vetro e opportunamente impagliato, l'oggetto in questione è di pesante metallo. Il suo stile di lotta non è certo simile alla scherma, ma devo dire che la sua efficacia non puote essere messa in discussione, giacché una fiascata dello Staffa non perdona. Ho cercato di carpire il suo segreto, di immaginare le radici e le ragioni di cotanta stranezza, ma il Conte ama paludare di mistero tutto questo. Gli ho parlato di Voi, sapete? Gli ho riferito dell'eccellente cacio da Voi prodotto, che chiamate mozzarella, ed egli ha affettato un interesse di circostanza, chiedendomi poi con occhi assai più vispi dei vostri vitigni. Ora consegno al corriere che ha pazientato finora la mia lettera, poiché sentendomi un po' affamato credo mi recherò nell'osteria del paese per gustare un buon salsicciotto alla brace che, con un poco di pane, qui rappresenta una semplice raffinatezza. Dovreste venire qui a visitarci, senz'altro sarete il benvenuto, e se doveste portare in dono al Conte qualcuno dei Vostri vini o dei Vostri distillati, siatene certo lo renderete un uom felice!
A presto
Marchese Vytis Rakauskas